venerdì 25 maggio 2012

Karl Brjullov: "La cavallerizza"


O ritratto di una (quasi) perfetta sconosciuta

 
 
In una calda serata estiva, quando il sole inizia a calare dietro l'orizzonte e i suoni della natura si fanno sempre più pacati, ecco udire in lontananza il rumore degli zoccoli di un cavallo che si fanno sentire sempre di più...
Una bambina in abitino rosa accorre a vedere il destriero e rimane meravigliata dalla scena che le si presenta davanti: un morello galoppante, pieno di forza e ardore irrompe nella sua visuale, una ragazza in sella dal viso angelico che sembra non fare caso alla foga dell'animale. Nemmeno l'abbaiare del cane riesce a distogliere la sua attenzione: lo sguardo è rivolto verso il pittore e trasmette serenità e sicurezza in sella.

L'abito che indossa è caratteristico degli anni '30 dell'Ottocento, un busto color cielo dalle maniche rigonfie, il colletto relativamente grande da apparire quasi sproporzionato rispetto al resto. La gonna è chiara, estiva, quasi una gonna da occasione, come se fosse stata creata soltanto per essere immortalata nel quadro. A completare il tutto i guanti scamosciati ed un cilindro con una voile color smeraldo.

Il quadro è stato dipinto nel 1832 da Karl Brjullov ed esposto nello stesso anno alla Brera di Milano suscitando ammirazione del pubblico. La novità del dipinto consisteva non tanto nelle dimensioni della tela da poter rappresentare i personaggi a grandezza d'uomo (291 x 206 cm), ma nel soggetto stesso della rappresentazione. Invece che un classico "ritratto equestre" mirato a celebrare la potenza dei regnanti o dei nobili, qui la protagonista è una ragazza la cui ambizione massima è trasmettere la propria bellezza, giovinezza e straordinaria capacità di gestire l'animale irrequeto.

Il quadro fu dipinto su commissione della contessa Julija Pavlovna Samojlova. Infatti, il nome della committente ("Samoylova") è scritto anche sul collare del cane che rincorre il cavallo. Proprio alla committenza ed al soggetto del quadro è legato un piccolo mistero: quando il dipinto arrivò alla Galleria Statale Tretyakov di Mosca nel 1896, si presupponeva che ad essere ritratta fosse la stessa contessa Samojlova. Però, dal confronto di altri ritratti che lo stesso Brjullov fece alla contessa, la protagonista sembra essere qualcun'altra, poiché Samojlova aveva capelli molto più scuri e difficilmente poteva avere un aspetto così giovane all'età di trent'anni. Sembra, infatti, che il quadro ritragga le sue due figlie adottive, Giovannina e Amacilia Pacini, figlie naturali del compositore Giovanni Pacini. Giovannina è l'amazzone dall'aspetto quasi regale, mentre la piccola Amalia non può altro che ammirare con il visino pieno di meraviglia la bellezza della sorella.

Un'altra versione sull'identità dell'amazzone è stata fornita da un libro edito nel 1975 da La Scala dedicata alle grandi cantanti liriche del teatro: lo stesso quadro viene descritto come ritratto romantico della cantante Maria Malibran. In ogni caso, sembra che quest'ipotesi sia da escludere, poiché Maria Malibran aveva capelli corvini, mentre la ragazza ritratta ha i capelli molto più chiari. E' probabile che l'errore derivi dal fatto che Maria fosse un'ardita cavallerizza e morì per complicazioni derivanti da una caduta da cavallo durante una battuta di caccia all'età di 28 anni.


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