giovedì 31 maggio 2012

La sala di Diana della reggia di Venaria Reale (parte 1) - Il regno della caccia

La sala di Diana

La sala di Diana è uno dei biglietti da visita della reggia di Venaria Reale. Già nel Seicento palcoscenico di sontuosi banchetti, feste e balli, la sala era un luogo di rappresentanza dove veniva celebrata la grandezza dei Savoia non solo nell'arte venatoria, ma anche nell'essere una delle famiglie più potenti d'Europa. Perfino oggi la sala riesce a raccontare al visitatore moltissime storie, storie di una Corte giovane e con un forte senso di rinascita, nonché di una Corte fortemente influenzata dal potere femminile, in veste di lunghe reggenze di Cristina di Francia e di Maria Giovanna Battista.

Le decorazioni della sala sviluppano un tema ideato da Emanuele Tesauro che vede nelle gesta di Diana, dea della caccia, una metafora morale del vivere civile. La narrazione si sviluppa su tre piani, dove il centro della storia si trova nella volta affrescata dal pittore fiammingo Jan Miel nel 1663: l'affresco raffigura Giove che affida a Diana il governo di tutte le cacce con il motto solenne "Delle cacce ti dono il sommo impero" situato al centro della pittura.

La narrazione su tre piani: la volta, il registro superiore e quello inferiore

A scendere, sette (originariamente dieci) tele del registro superiore, realizzate tra il 1658 e il 1663, raffigurano sontuosi ritratti equestri della famiglia ducale e della nobiltà. Le opere, eseguite da Miel e da altri pittori attivi alla corte sabauda, mettono bene in chiaro chi fossero i personaggi più in vista del momento. L'ordine e la posizione dei soggetti non è casuale, vi sono esclusi tutti coloro che possano essere ostili al duca Carlo Emanuele II (il committente dell'opera) e alla madre reggente (Cristina di Francia), come i parenti responsabili di aver trascinato il ducato nella sanguinosa guerra civile. Delle sette opere, una proviene dal Palazzo Reale, mentre le altre sei dal Castello di Racconigi. Restano ancora avvolti nel mistero tre ritratti: uno, raffigurante le dame di corte, si pensa possa essere andato distrutto durante l'incendio. Gli altri due, uno con il duca ritratto accanto alla madre e l'altro con il duca accanto alla prima e alla seconda moglie vengono menzionati per l'ultima volta nel 1875 diretti verso Roma. 

Le coppie equestri: Enrichetta di Savoia e Ferdinando di Baviera (a destra)

Le più belle coppie equestri rappresentano Enrichetta Adelaide di Savoia e Ferdinando di Baviera, opera del Miel, e di Cristina di Fleury ed Emanuele Filiberto di Savoia Carignano, opera di Charles Dauphin.

Più in basso, nel registro inferiore, altri dieci dipinti del 1658 di Miel sono dedicati alle cacce sabaude al cervo, all'orso, al cinghiale, alla volpe e alla lepre. Il posto d'onore è riservato alla caccia al cervo, preda nobile per eccellenza secondo l'arte venatoria, alla quale sono dedicate sei tele raffiguranti i momenti salienti della chasse-à-courre. La chasse-à-courre, chiamata anche chasse à cor et à cri, si teneva tre volte la settimana. Questo tipo di caccia consisteva nello scovare un cervo, nell'inseguirlo a cavallo e a piedi con l'ausilio di cani, nel rintuzzarne tutte le astuzie ed infine nel raggiungerlo e finirlo. Si cacciava solo il cervo maschio ed il cerimoniale era molto complesso: in media la caccia durava quattro ore.

Due dipinti di Miel del registro inferiore

Ecco una breve descrizione del cerimoniale della caccia al cervo: 
Prima della caccia vera e propria, i Valets dovevano riconoscere, sulla sola base delle impronte e degli escrementi, la presenza del cervo, il sesso e l'età. Poi, di ritorno dai boschi, comunicavano al Re il risultato delle loro ricerche. Il Re sceglieva il capo da cacciare e la caccia poteva avere inizio. Giunti in vicinanza del luogo dove il Valet al mattino aveva trovato il cervo prescelto, venivano impiegati i cosiddetti cani "da lancio" specializzati nel far "partire" la preda. Il momento del "lancer" è uno dei più appassionanti della chasse à courre, quello in cui i cacciatori hanno la certezza della presenza del cervo e i cani, finora tenuti al guinzaglio a gruppi di quattro, vengono découplés, cioè sciolti in modo da poterlo tallonare da vicino. Il "lancer" rappresenta, di fatto, il vero inizio della caccia, quando i vari membri dell'Equipaggio assumono le loro funzioni specifiche.
Oltre ai principi, ai scudieri e ai piqueurs, cacciatori inservienti, alla caccia prendeva parte una ventina di persone. Qualche volta le principesse seguivano la battuta di caccia in carrozza o portantina. Tre volte all'anno, invece, si celebrava la Grande Chasse (la più importante il 3 novembre, giorno di Sant'Uberto, il patrono dei cacciatori) a cui partecipava tutta la corte, con le dame che spesso montavano a cavallo con gran sfoggio di piume e mantelli.


Per maggiori informazioni sulla sala di Diana si rimanda al sito della Venaria Reale.
Le foto utilizzate nel post provengono dal medesimo sito.

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